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15 Gen

Prima puntata della serie: UN POSTO AL BUIO.

Passata la festa, gabbato lo santo.

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Tutti, almeno una volta nella vita, cadono tra le braccia della morte, attenta scrutratrice dei suoi figli. Solo pochi, risorgono dalle proprie ceneri.

La mia morte provocò fenomeni sonori e luminosi pari a quelli dei fuochi d’artificio che avrebbero acceso in onore del Santo, venerato per tre giorni nella mia città, a fine agosto.

L’avvio del primo razzo è sempre stato incerto. Girano leggende e punti Snai ambulanti, persino sul luogo dell’accensione. L’unica certezza resta il numero di serie che faranno esplodere. Ancora oggi ci sono intere famiglie sedute in auto, in attesa di un bis dell’ultima serie, sempre più folkloristica della prima. Non se ne fanno una ragione.

La mia morte, dicevamo, provocò sconcerto, sgomento,disapprovazione financo scandalo. Fredda, fredda come una morta viva lo sono sempre stata. Ma questa volta mia madre, toccando come era solita fare le estremità del mio corpo, si rese conto che ora, ero una morta realmente morta. Iniziarono ad arrivare le prime telefonate sulla veridicità del fatto. La catena di Sant’Antonio è infallibile.

Minchia, comu fazzu moi, sta frisciu le marangiane*, ca stasira quiddri olenu cu mangianu, poi ede propriu festa, le tradizioni tocca se rispettanu, puru pe li cristiani,sennò ce hannu dire, ca nu onoramu lu Santu nosciu? Vabbene, alla morta ne damu lu cambiu, tie spiccia cu cucini, ca poi me raggiungi.

La sfilata di zie e prozie sino alla terza generazione pareva la sagra del gusto e dei sapori di qualche paesello vicino, profumi e odori della tradizione e boccucce di rosa che cantano lamenti funebri. Battendosi il pugno chiuso sul petto, percosso e scosso da mani di donna del sud, si agitano e sventolano il fazzoletto bianco, urlano e dondolano, perché la morte non ha rispettato il giorno del Santo e ha preso con sé una fanciulla e piangono ridono urlano a comando, raccontando ai nuovi ospiti quanto mi avessero cresciuta. Così, nella terra del morso e del rimorso, non poteva mancare il fenomeno delle chiangimuerti, generazione 2.0.

Con aria sommessa, ma con padronanza del rito, si avvicinarono a mia madre, pregandola di vestirmi “a modo”, di coprire con strati di cotone plurimi e abbondandi quelle ossa sporgenti e poco rispettose della gggente che mi avrebbe osservata.  La gggente.

Lu cunsulu, la consolazione dei familiari del defunto, fu esilarante e paradossale. Ceste di vimini dalle più anziane e contenitori doppia funzione freezer-microonde dal designer fashion dalle più giovani, decoravano la casa. Pasta fresca, brodo con galletto sgozzato in casa, all’uertu, parmiggiana del giorno di festa del Santo, pasta al forno, rustici leccesi, pasticciotti leccesi, frutta fresca di fine estate.  Cupeta e mustaccioli di santo Oronzo , come a ricordare nuovamente quanto fastidio avessi dato, terminando la mia breve vita proprio in quel dì.

Gli uomini appartati fremevano come drogati in crisi d’astinenza. Si avvicinavano l’uno all’altro, gesticolavano nervosamente, bocche vicino agli orecchi chiedevano novità a chi godeva dell’auricolare, con smartphone furbescamente inserito nel taschino, per non dare nell’occhio.

fantozzi

Ancora nienzi. 11 fessa intra lu campu. Zero a zero. Che schifo, morti viventi, un insulto al colore della maglia. Ci era iou l’allenatore, li cacciava tutti. A zappare!

Dice ca anu fermatu la processione. Il don è indignato. Questa morte non ci voleva. Giungono giornalisti e presunti tali a intervistare il parroco della Chiesa matrice. Uomini e donne interrompe la messa in onda della registrazione della puntata in cui la tizia di nome Sharon, con la mutina, furiosa perchè insultata, decide di uscire dallo studio, perché Maria, qui non ce sto a famme prendere pe il culo da queste qua, e tu, tu Chanell, tu se la peggio de tutte.

La testata giornalistica di Mediaset decide di dare spazio a quanto successo nella città barocca, affinchè luce sia fatta nel buio della morte, in rispetto del Santo gabbato. Queste le motivazioni apparse sul sito di Uomini e Donne fansclub. Mara Venier, ingessata per l’ottantesima volta, invita il suo inviato ad andare sul campo, per essere sul pezzo, perché la Rai, radio televisione italiana,non è certo da meno. La notizia prima di tutto. Su facebook prendono vita autonomi gruppi di protesta e di sostegno- vicinanza alla famiglia in lutto. Diciamo No alle morti di magre, perché se le cercano, community e Dietro l’apparenza si nasconde un’anima. Anche per quelle magre, community.

Ho sentito dire che andava a danza. Dicono che mangiasse solo carote. Che poi, che ti aspetti da quel tipo di mondo? Poverine, mi fanno pena.

E poi, senza un padre. Dicono che l’abbia abbandonata. Ma NO, è lei che ha deciso di non vederlo. Che scostumata.

Tutti quegli anni buttata sui libri, a studiare, per quelle lauree che mo, guarda che fine fanno quelli laureati. Non c’è più religione, signora mia.

 Però che invidia, guardala, ce l’avessi io un fisico così.

M A I    PE   JABBU.Oronzo-Canà

NU TE FARE Jabbu* modo di dire salentino. Si augura che una determinata cosa non accada mai alla propria persona.

*melanzane fritte per parmiggiana

…to be continued…

13 Gen

About Me

copertina blog

Sono nata nell’ottobre del 1985, proprio quando in Ritorno al futuro, “Doc” mostra a Marty la macchina del tempo. Il flusso canalizzatore ha fatto sì che io fossi catapultata nel 2015, per correggere e rimediare alla piega che hanno preso gli eventi. Qualche mese fa mi sono recata alla Feltrinelli, indubbia icona letteraria arrivata da poco anche nella nostra città del profondo sud, (confermando la regola che qualsiasi cosa di figo ci sia, abbia un jet lag non indifferente qui nel mondo dei divini Helios-Talassa ed Eolo) e dopo il solito giro con aria un po’ naif, ho chiesto al feltrinello fiero del suo badge in bella mostra, se ci fossero dei libri. Lui, con aria di chi pensa maquestapropriooggidovevavenire, osserva perplesso, si perplime numerose volte, scuote capo e collo e mi dice, signorina, mi sa che questi libri in Italia è difficile che circolino, neppure gli addetti ai lavori li chiedono più. Per alcuni ci sarebbe stato un tempo di attesa indefinito, per altri la prenotazione avrebbe potuto dare i suoi frutti e altri ancora, hanno visto la morte nera sul foglio accartocciato su cui avevo scritto i titoli. Poi, con altrettanta aria naif, do un ultimo sguardo ai libri, mentre flotte di brufolosi pruriginosi si ingozzano di muffin e cioccolata e toh, chi ti vedo, la copertina dell’ultimo libro della mitica BABBBARA, la Barbara d’Urso denoantri, accanto a Francesco Sole e i suoi pizzini e un libro di una tipa che ha pensato bene di lasciarsi palesemente ispirare da quello (geniale) di Francesco Piccolo, Momenti di trascurabile felicità e scrivere quelli che, poraccia, sono i suoi fastidi insopprimibili, che ha voluto donare alla comunità tutta.  Bene, Houston, abbiamo un problema.

Il 2015, l’anno delle auto volanti, dei giubbotti anti pioggia autopulenti e asciuganti, l’anno del futuro, è appena iniziato e io ho circa 8 mesi per arrivare ai miei 30 anni con un resoconto degno di questo nome. Perché, si sa, ora va di moda il caro amico ti scrivo su facebook, nel giorno in cui sono assolutamente più importante di te perché sono stato dato alla luce, tutto quello che tu piccolo bastardo caro amico non hai, o forse speri di avere ma non hai, invece io ho, in questa mia breve esistenza ma così tanto ricca di affetti e averi. Panico, pa panico, pauuuuura. Diamine, corbezzoli, arcipigna, la sveglia sul mio trentesimo compleanno lampeggia e io ancora non ho iniziato a scrivere la maledetta relazione. Allo stato attuale non posso certo annoverare, tra le mie conquiste terrene e spirituali, il sorriso angelico dei miei figli, che hai già avuto modo di conoscere in profondità, avendone condiviso gioie e dolori di colichette, dell’ottima attività intestinale e di tutto quanto concerne l’apparato digerente.  E’l’invidia che mi logora, lo so. Non annovero la ristampa di un mio fortunatissimo romanzo, pensato e scritto alla veneranda età di 9 anni nel garage di mia nonna, mentre tutti gli altri bambini frequentano il catechismo, terrorizzati dal non fare assenze il sabato pomeriggio, alla messa delle 18, altrimenti niente comunione e murrine, la cui produzione ha avuto un inspiegabile picco a metà degli anni ’90. A Murano c’è ancora psicosi. Nella prima metà degli anni Novanta, mentre una ragazzina di appena 15 anni, urlava, gesticolava,  mi parlava mentre lei  a sua volta ascoltava da un auricolare ciò che doveva dire a me, tenera e innocente teenager salentina, io sognavo di essere come quelle quattro squinzie sgambettanti, dal divano di casa de mi nonna, mentre la casa odorava di eau de frittur. E mi sentivo già vecchia. O forse il microbo dell’inferiorità, zitto zitto, iniziava a dimorare nel mio cervello. Ho tinto i capelli di rosso, prima dei 30 anni, pare faccia tendenza. Mi sono già stancata. Mi guardo allo specchio e penso di essere in un bagno della Tirana della fine degli anni ’90, quando pensare alla ricrescita dei capelli era sicuramente l’ultima cosa da fare. Ho spostato i divani già 3 volte da quando viviamo nella nuova casa. 70 mq di pura estasi in locazione. Giocare a tretris nell’adolescenza rende possibile ogni cosa. Sono andata da un tatuatore. 3 tatuaggi in 2 ore. Tutto per ricordarmi che voglio scrivere, sorridere e veder sorridere mentre scatto una foto e danzare, come una bambina che tiene stretti dei palloncini, ma ha i piedi per terra. Ho acquistato scarpette da punta, quelle che le vere ballerine usano per danzare. L’ho fatto dopo una pausa lunga un ciclo di studi universitari, per diventare una scienziata politica ( quanto fa fighezza il primo termine). Mi sono sposata. Ma questa è un’altra storia. E poi, su efficiente insistenza della persona che ho sposato, ho aperto questa finestra sul mondo. Il mio.

Ho deciso di scrivere questo libro virtuale, di condividere quella che è la mia intera esistenza con chi vorrà farne parte. Tutto ciò che mi riguarda, il c.d about me, è in realtà ciò che scrivo e le motivazioni che mi spingono a farlo, nel mio cervello, mentre faccio zumba con la wii, i giorni pari perché è nei dispari che vado a danza e ferma non posso stare; mentre mi reco da un punto A a un punto Z, rigorosamente a piedi, perché odio la macchina e perché ferma non posso stare; mentre cucino, mentre stiro, mentre siedo sul cesso e fidatevi che potrei scrivere l’Eneide visto il tempo di permanenza in quel meraviglioso mondo fatto di piastrelle e ceramica fredda. Scrivo perché mi difendo da un mondo che vorrei diverso, da una vita che amo vivere, da una esistenza come tante, nella media, mai abbastanza per essere o diventare qualcuno, perché mi basterebbe essere me. Scrivo perché sogno di partecipare come ospite alle Invasioni Barbariche di Daria Bignardi, anzi, Daria, ecco, se capiti qui per caso, su questa finestra, se ti affacci al mio mondo, potrai conoscere questo mio sogno, di essere intervistata da te, mentre rifiuto la birra che non amo, il vino manculicani ( manco i cani, trad. per i non salentini)perché dopo metà sorso inizierei a sputtanare me e i miei cari. Gusteremmo un’ ottima cioccolata calda, magari un ciobar veloce veloce, e parleremmo del più e del meno con i denti neri neri, molto televisivi e fotogenici, e ti direi quanto sia felice della vita che mi è capitata e quanto sia strano dirlo, perché se la vai a guardare, questa mia vita, a poco dal traguardo dei 30 anni, è talmente strana che sembra quasi un errore dirlo. A ciascuno il suo.

Questo blog non sarà un libro di Fabio Volo, non è una pizza 4 stagioni, non è una taglia che va bene a tutti. Ma sicuramente è unisex. E’ la storia di partenze e rientri. Di addii, arrivederci, di università, di fallimenti, di soddisfazioni, di malattie e cure, di sconfitte e rivincite. Di anoressia, di perfezione, di amore e demoni, di Salento, spogliato dal sole, dal mare e dal vento. Di amicizia e passione. Di danza e lavoro. Di madri e figli. Di famiglia, vere ali incastonate tra radici. Di cibo e ossessioni. Tra scirocco e tramontana, è la voglia di una ventinovenne che sogna ancora di cambiare il mondo o forse, di trovare se stessa.