15 Feb

Avrai vento tra i capelli.

Consiglio la lettura, ascoltando:

Il tuo respiro è una bizzarra e incantevole sorpresa, un per- sempre istantaneo che viaggia sul treno dell’irreale.

Hai visto come ci sorprende la vita? Sfacciata giocatrice di dadi con la morte, ha vinto lei, hai vinto tu, cinquantenne tutta cromata.

Usignolo pronto a morire.

Sei come la gatta che alberga sull’ uscio di casa, appollaiata sul tappeto senza timori di venir scacciata, zingara gitana dalle 7 vite, sei nata fenice, come racconta tua madre.

Mia nonna.

Tutti ti credevano morta ma sei venuta alla luce, testarda e prematura, fragile d’aspetto ma aquila nell’animo.

Ci siamo preparati una vita intera alla tua morte.

Ti bruci. Ci incendi. Esplodi. Saltiamo. Vedi la musica. Ascolti la danza dell’impossibile che diventa possibile e rinasci. E viviamo. In ogni fase. Lo fai da 50 anni.

Per i prossimi 50 anni, ti propongo una lista di “cose” che avrai, tu donna immortale, poiché  la nonna ha ragione, sempre ragione: ti danno per morta ma tu sei più viva tra i vivi che si fingono tali ma muoiono ogni istante nell’oblio dell’apatia della sopravvivenza.

Avrai l’alba più cupa, desolata, in cui i brividi svaniranno quando le scintille dei piedi gelidi riscalderanno il piumone troppo grande per te, laddove ti perderai tra i tuoi sogni interrotti da ricordi che ti squartano, ti accartocciano, ti strappano la carne, ma ti alzerai senza ferite aperte, senza sangue sgorgante, solo cicatrici che ti schiaffeggiano sull’ altare della quotidianità, così che nessuno possa accorgersi di nulla.

Ma quel nessuno non siamo noi. Quel nessuno è tutti. Tutti non siamo noi.

Avrai superficialità, inquietante cattiveria.

Avrai sguardi, occhi pietosi che impietosiscono.

La compassione è regale. La pietà è negli occhi deformanti di chi guarda. Di chi aspetta che l’altro, qualsiasi altro, porti la croce più grande della propria, così che possa finalmente sguazzare nel mare dell’ipocrisia.

Il nostro è un altro mare.

Tua nipote è figlia del vento e del mare. Quello cristallino, puro, trasparente nei giorni di tramontana, fermo e immobile, ma guerriero, arrabbiato e rabbioso in quelli di scirocco.

È quello il nostro mare.

E da esso ritornerai. Arya ti condurrà da lui. Sedute. Mano nella mano. Ad ascoltarlo.

Avrai solitudine.

Avrai porte chiuse.

Avrai indifferenza.

Avrai diffidenza.

Avrai il tempo che non c’è mai, nel momento in cui è necessario ci sia.

Avrai pillole da gustare come olive in un Martini.

Avrai freddo a luglio. La tua pelle si gonfierà. Avrai chili in più e chili in meno.

Avrai lacrime. Buio. Fallimenti. Cadute. Capelli nella vasca.

Avrai turbanti rosso fuoco, il tuo colore preferito, perché tu lo sai che non esistono né il bianco né il nero, persino quando il tunnel sembra impraticabile.

Sarai attraversata dalle gocce d’acqua rimaste in sospensione, dopo la tempesta, e sarai tu l’arcobaleno.

Avrai sonno e insonnia.

Avrai vaffanculo da regalare ma anche da ricevere.

Avrai subdole debolezze. Muscoli molluschi. Braccia inermi. Torace plastificato.

Potrai restare immobile.

Saremo noi le tue braccia. Custodiremo le tue ali. Le spolvereremo, faremo in modo che restino forti e libere.

Disinfetteremo le ferite, laverò il tuo sangue, tamponerò con delicatezza i tagli. Giorno dopo giorno. Medicazione dopo medicazione, il tuo dolore sarà incerottato, coperto, sterilizzato.

Avrai la nausea senza essere incinta.

Avrai giorni di inappetenza e giorni di bulimia.

Avrai chi ti comprerà il gelato a mezzanotte passata, in estate e in pieno e rigido inverno piovoso.

Avrai chi ti accompagnerà in aeroporto, in silenzio, quello che ti aspetti e speri.

Le parole sono spesso assordanti.

Avrai manie di persecuzione. Smania di perfezionismo.  Eccessivo ottimismo e iper-attività.

Avrai lentezza. Coperte sul divano. Specchi in cui riflettersi e riflettere, insieme, sul senso vero della bellezza.

Avrai giorni da donna.  Banali. Semplici. Litigi. Urla strazianti. Urla mute. Sogni infranti. Sogni in costruzione. Sogni altrui che diventano propri. Scelte. Sbagliate. Prese. Perse.  Egocentrismo.  Altruismo. Eccentrica visione del sé in versione nuda e cruda.

Avrai da dire Grazie. Avrai da scostarti. Sarai altro. Altrove. Sarai i luoghi che visiterai. Cambierai pelle ad ogni scoperta che aprirà il varco dinanzi a te, tu unica compagna di viaggio che hai scelto per trovarti e ritrovarti.

Avrai l’odore della gente che incontrerai. Lo sguardo dei bambini che accarezzerai, tu bimba tra i bimbi, piccola tra i grandi.

Avrai incertezze. Alture. Montagne. Valanghe. Noia.

Sarai etichetta, avrai etichette: ragazza madre, moglie bambina, capo-donna, venuta al mondo dopo il coma, guerriera contro la bestia, vedova, ancora guerriera.

Saremo il tuo scudo. Noi 5. Le tue polsiere. Le tue cavigliere. Fianco contro fianco. Saremo la tua memoria. La tua agenda. I tuoi paracolpi. La lampadina accesa di notte contro i mostri. La ragione per cui puoi decidere di mollare. La ragione per cui hai deciso di lottare. Il cuore. Saremo le tue mamme. Le tue suocere. Le migliori amiche. L’uomo che hai perso. L’uomo che avrai.

Avrai spalle su cui abbandonarti. Spalle che vengono da lontano, che fanno chilometri per viverti, anche solo per 24 ore, per rendere omaggio alla tua forza e debolezza insieme, per scrutarti nell’anima e farti capire che non si è mai soli, che forse ci fa comodo incolpare gli altri della loro poca comprensione e assenza, ma la verità è che siamo umani, incredibilmente umani, e viviamo la bellezza e l’inferno ogni minuto, ogni secondo e i tuoi 50 anni racchiudono l’incredibile certezza che la vita sia vita, banalmente vita a cui possiamo dare milioni di sensi compiuti se solo riuscissimo a non essere così pregni di rabbia, di sensi di colpa, di rancori e incompletezza.

Così ti auguro, mamma, piccola guerriera come ti appellano gli altri,

di prendere in mano il tuo presente. Tutto quanto. Le nostre ali ce le stiamo costruendo, pezzetto dopo pezzetto e non abbiamo più paura, di nulla, o in verità, abbiamo così tanta paura che non la sentiamo più.

Ora tocca a te.

Non avere più paura per noi. Non avere più rabbia. Sii l’imprenditrice del tuo essere. Del tuo corpo.

Rischia.

Punta tutto sul piatto del presente, perché:

Avrai chignon da pettinare.

Fiabe da leggere.

Tabelline da ripetere.

Perché a cui dare risposta. Cartoni animati da vedere, milioni e milioni di volte.

Confidenze da custodire. Lacrime da asciugare. Sorrisi da lucidare. Abiti da scegliere.

Abiti da provare. Avrai musica. Sarai musica. Avrai ninna nanne. Idee. Progetti. Avrai debiti. Avrai crediti. Avrai una tela bianca su cui dipingere. Avrai la tua adolescenza interrotta. Avrai tiramisù da preparare. Avrai l’onnipotenza. Avrai vento tra i capelli. Inanellati.

Non sarai speciale per le malattie che ti abitano.

Lo sarai per il fatto che avrai vissuto senza pensare che vivere una sola volta sia troppo poco, ma abbastanza, se avrai mantenuto le promesse, colto le opportunità, superato il dolore, accettato le sfide, cambiato il destino, svelato bugie, fatto danni, riparato i cocci.

Avrai l’immortalità.

Immortale è colui che si strappa il cuore, ne fa coriandoli e li sparge sull’ anima di chi ama incondizionatamente.

Immortale è la donna, ogni donna, che ha il diritto di lamentarsi.

Cinque infiniti e immensi minuti di perdincibaccomannaggialapuffettabuffadelpisoloinbruttitononcelafacciopiù,

superati i quali quel tempo è sprecato, come l’auto-palpazione con unguenti mistici che ci propiniamo 20 minuti prima che si apra la stagione dei costumi da bagno, illudendoci che la cellulite possa andare via e che sia applicato il filtro Chiara Ferragni.

Tempo sprecato. La cellulite è dietro. Ci viene il torcicollo a scrutarla.

La bellezza è avanti. Davanti. Dentro. Abbiamo l’immortalità.

Avremo l’immortalità. Come la mia mamma. Super figona di cinquantanni tutta cromata che tiene botta.

e come diceva quella stra figa di E. Roosevelt:

“ogni giorno, fai qualcosa che ti spaventa”

 

 

 

 

 

 

 

15 Gen

Prima puntata della serie: UN POSTO AL BUIO.

Passata la festa, gabbato lo santo.

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Tutti, almeno una volta nella vita, cadono tra le braccia della morte, attenta scrutratrice dei suoi figli. Solo pochi, risorgono dalle proprie ceneri.

La mia morte provocò fenomeni sonori e luminosi pari a quelli dei fuochi d’artificio che avrebbero acceso in onore del Santo, venerato per tre giorni nella mia città, a fine agosto.

L’avvio del primo razzo è sempre stato incerto. Girano leggende e punti Snai ambulanti, persino sul luogo dell’accensione. L’unica certezza resta il numero di serie che faranno esplodere. Ancora oggi ci sono intere famiglie sedute in auto, in attesa di un bis dell’ultima serie, sempre più folkloristica della prima. Non se ne fanno una ragione.

La mia morte, dicevamo, provocò sconcerto, sgomento,disapprovazione financo scandalo. Fredda, fredda come una morta viva lo sono sempre stata. Ma questa volta mia madre, toccando come era solita fare le estremità del mio corpo, si rese conto che ora, ero una morta realmente morta. Iniziarono ad arrivare le prime telefonate sulla veridicità del fatto. La catena di Sant’Antonio è infallibile.

Minchia, comu fazzu moi, sta frisciu le marangiane*, ca stasira quiddri olenu cu mangianu, poi ede propriu festa, le tradizioni tocca se rispettanu, puru pe li cristiani,sennò ce hannu dire, ca nu onoramu lu Santu nosciu? Vabbene, alla morta ne damu lu cambiu, tie spiccia cu cucini, ca poi me raggiungi.

La sfilata di zie e prozie sino alla terza generazione pareva la sagra del gusto e dei sapori di qualche paesello vicino, profumi e odori della tradizione e boccucce di rosa che cantano lamenti funebri. Battendosi il pugno chiuso sul petto, percosso e scosso da mani di donna del sud, si agitano e sventolano il fazzoletto bianco, urlano e dondolano, perché la morte non ha rispettato il giorno del Santo e ha preso con sé una fanciulla e piangono ridono urlano a comando, raccontando ai nuovi ospiti quanto mi avessero cresciuta. Così, nella terra del morso e del rimorso, non poteva mancare il fenomeno delle chiangimuerti, generazione 2.0.

Con aria sommessa, ma con padronanza del rito, si avvicinarono a mia madre, pregandola di vestirmi “a modo”, di coprire con strati di cotone plurimi e abbondandi quelle ossa sporgenti e poco rispettose della gggente che mi avrebbe osservata.  La gggente.

Lu cunsulu, la consolazione dei familiari del defunto, fu esilarante e paradossale. Ceste di vimini dalle più anziane e contenitori doppia funzione freezer-microonde dal designer fashion dalle più giovani, decoravano la casa. Pasta fresca, brodo con galletto sgozzato in casa, all’uertu, parmiggiana del giorno di festa del Santo, pasta al forno, rustici leccesi, pasticciotti leccesi, frutta fresca di fine estate.  Cupeta e mustaccioli di santo Oronzo , come a ricordare nuovamente quanto fastidio avessi dato, terminando la mia breve vita proprio in quel dì.

Gli uomini appartati fremevano come drogati in crisi d’astinenza. Si avvicinavano l’uno all’altro, gesticolavano nervosamente, bocche vicino agli orecchi chiedevano novità a chi godeva dell’auricolare, con smartphone furbescamente inserito nel taschino, per non dare nell’occhio.

fantozzi

Ancora nienzi. 11 fessa intra lu campu. Zero a zero. Che schifo, morti viventi, un insulto al colore della maglia. Ci era iou l’allenatore, li cacciava tutti. A zappare!

Dice ca anu fermatu la processione. Il don è indignato. Questa morte non ci voleva. Giungono giornalisti e presunti tali a intervistare il parroco della Chiesa matrice. Uomini e donne interrompe la messa in onda della registrazione della puntata in cui la tizia di nome Sharon, con la mutina, furiosa perchè insultata, decide di uscire dallo studio, perché Maria, qui non ce sto a famme prendere pe il culo da queste qua, e tu, tu Chanell, tu se la peggio de tutte.

La testata giornalistica di Mediaset decide di dare spazio a quanto successo nella città barocca, affinchè luce sia fatta nel buio della morte, in rispetto del Santo gabbato. Queste le motivazioni apparse sul sito di Uomini e Donne fansclub. Mara Venier, ingessata per l’ottantesima volta, invita il suo inviato ad andare sul campo, per essere sul pezzo, perché la Rai, radio televisione italiana,non è certo da meno. La notizia prima di tutto. Su facebook prendono vita autonomi gruppi di protesta e di sostegno- vicinanza alla famiglia in lutto. Diciamo No alle morti di magre, perché se le cercano, community e Dietro l’apparenza si nasconde un’anima. Anche per quelle magre, community.

Ho sentito dire che andava a danza. Dicono che mangiasse solo carote. Che poi, che ti aspetti da quel tipo di mondo? Poverine, mi fanno pena.

E poi, senza un padre. Dicono che l’abbia abbandonata. Ma NO, è lei che ha deciso di non vederlo. Che scostumata.

Tutti quegli anni buttata sui libri, a studiare, per quelle lauree che mo, guarda che fine fanno quelli laureati. Non c’è più religione, signora mia.

 Però che invidia, guardala, ce l’avessi io un fisico così.

M A I    PE   JABBU.Oronzo-Canà

NU TE FARE Jabbu* modo di dire salentino. Si augura che una determinata cosa non accada mai alla propria persona.

*melanzane fritte per parmiggiana

…to be continued…